sabato 27 agosto 2011

BANCHE POPOLARI NON QUOTATE BATTONO LA CRISI DEL MERCATO

TRATTO DA:  IL GIORNALE DI VICENZA

IL CASO. I crolli di piazza Affari hanno portato a conclusioni paradossali: le Popolari non quotate hanno superato la capitalizzazione di realtà molto più strutturate. La follia di un listino impazzito lancia l'istituto di via Framarin davanti al Monte dei Paschi Veneto Banca al quinto posto
26/08/2011


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Vicenza. Ci sarà un motivo se Vicenza, sia come industria che come credito, è scomparsa dalla Borsa. Ci sarà un motivo se Gianni Zonin, quando nel '95 prese in mano le redini della Banca Popolare (allora) Vicentina, disse che mai avrebbe quotato a piazza Affari l'istituto di via Framarin. Ce ne sono mille di motivi, per la verità, e sono tutti saltati fuori in quest'estate di rovinose cadute su un listino tornato più o meno ai livelli del panic-selling del dopo-Lehman.
PARADOSSO. Le follie di questa finanza sempre più lontana realtà si possono cogliere sfogliando le pagine con i valori di Borsa. I due più grandi gruppi bancari italiani, Intesa Sanpaolo e Unicredit, rischiano per esempio di essere scacciati fuori dallo Stoxx 50, l'indice che contiene le principali 50 società europee, perché la capitalizzazione è scivolata ai minimi. Entrambe sono valutate dal mercato poco più di 17 miliardi di euro, una cifra ridicola confrontata con i meri valori di libro delle due banche. Piccolo particolare: stiamo parlando di due istituti che hanno appena licenziato risultati reddituali più che positivi e di uno, Intesa Sanpaolo, che ha appena chiuso con successo un aumento di capitale di 5 miliardi di euro. In questo bailamme di vendite, quindi, è possibile imbattersi in paradossi contabili che premiano la lungimiranza, è il caso di chiamarla così, di quelle banche hanno deciso di rimanere fuori da piazza Affari. Succede così che, contabilità alla mano, la Banca Popolare di Vicenza è diventata la terza banca italiana, quanto a capitalizzazione, superando, seppur di poco, un colosso del calibro di Monte dei Paschi. E che Veneto Banca, altra popolare non quotata, conquisti la quinta posizione assoluta, davanti a giganti del calibro di Banco Popolare, Popolare di Milano, Popolare dell'Emilia e Ubi Banca.
CONFRONTI. Non è che Popolare di Vicenza o Veneto Banca siano valutate troppo: è le altre che sono valutate troppo poco. O meglio, è l'effetto distorsivo di una Borsa che, in tempi di crisi come questo, presenta una volatilità tale da cambiare idea ogni cinque minuti. Risultato: chi ha investito in titoli azionari quotati vede i risparmi "bruciati" (per ora), mentre chi ha optato per le azioni delle popolari venete non quotate se ne sta tranquillo col capitale fermo e rivalutato una volta all'anno, a seconda dell'andamento degli esercizi. Per dare un'idea, la Bpvi ha circa 650 sportelli e ha chiuso l'ultimo bilancio con un utile netto di 94,2 milioni di euro. Un risultato buono, specie se si tiene conto del contesto economico in cui è maturato. Che però non può essere paragonato con un gruppo molto più grande qual è il Monte dei Paschi di Siena, che di filiali ne ha quasi tremila e che, solo nei primi tre mesi del 2011, ha portato a casa un utile netto di 140 milioni di euro. Eppure la pioggia di vendita in Borsa ha abbattuto il valore della banca toscana, fino a farla precipitare dietro a quella vicentina.
CONVENZIONI. Qualcuno sostiene che il valore assegnato alle azioni delle Popolari non quotate è puramente convenzionale, fissato senza rispettare i dettami del mercato. In realtà, è vero esattamente il contrario. I cda delle banche aumentano il valore dell'azione sulla base di attente analisi di mercato, considerando gli utili distribuiti e quelli destinati a riserva, oltre alle variazioni patrimoniali. E in ogni caso, si tratta di prezzi veri, applicati sia a chi compra le azioni sia a chi le vende. Dall'altra parte la Borsa amplifica, in un senso o nell'altro, ogni perturbazione finanziaria. Per questo le azioni delle Popolari citate, pur presentando il grado di rischio tipico di un investimento azionario, hanno il pregio più ricercato dai cassettisti: il valore aumenta, sia pure in misura limitata, nel tempo e offre dividendi legati al risultato reddituale. Insomma, nessun volo verso l'alto in caso di mercati positivi, ma anche nessun crollo in caso di tempeste di Borsa. Adatte, in parole povere, ai deboli di cuore.
 

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