sabato 13 ottobre 2012

GERMANIA DOPO IL NO AL NUCLEARE GROSSI PROBLEMI AL PIANO DI RICONVERSIONE. AGGRAVI SULLE BOLLETTE E SOLARE AL 3%! Ma non ci avevano dato ben altri dati alcuni blogger??


di Giovanni Boggero  (Il Foglio)



In Germania la chiamano Energiewende. Dopo l’eurocrisi è il peggior incubo della signora Merkel e del suo nuovo Ministro dell’Ambiente, Peter Altmaier. Stiamo parlando del piano di riconversione energetica in atto nella Repubblica federale, da quando l’estate scorsa, dopo i fatti di Fukushima, l’esecutivo cristiano-liberale ha spento otto reattori nucleari, confermando la scelta dell’ex-Cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder di spegnere l’ultima delle nove centrali ancora funzionanti entro il 2022. La scelta della Cancelliera, pur avendole procurato un bagno di consensi nel breve termine, ha avuto una serie di conseguenze non da poco sul medio-lungo periodo.

Uscire dal nucleare significa infatti dover ridefinire nello spazio di poco tempo tutto il contesto regolatorio, varando un nuovo piano energetico a dir poco ambizioso (e costoso), tale da poter consentire alle fonti rinnovabili, in poco più di dieci anni, di sostenere l’imponente comparto industriale tedesco. Secondo i piani del governo, infatti, le rinnovabili dovranno contare per circa il 35% della produzione di energia già nel 2020, il 50% entro il 2030 e addirittura per l’80% nel 2050. Attualmente il contributo delle fonti rinnovabili alla produzione di energia ha toccato nella prima metà di quest’anno il 25%, con carbone e gas che giocano un ruolo preponderante. Nonostante il phase-out dall’atomo, nel 2011 Berlino è riuscita ancora ad essere esportatore netto di energia: 6000 sono stati i gigawattora netti venduti all’estero lo scorso anno.   

Il rischio non sta comunque tanto nel non raggiungere gli obiettivi prefissati, ma nel raggiungerli troppo presto. Secondo Altmaier, infatti, stando così le cose, nel 2020 la Germania potrebbe già aver raggiunto quota 40-45%. Ciò non sarebbe però una buona notizia, visto che provocherebbe un’impennata fortissima dei costi pagati in bolletta dai consumatori, originariamente da ammortizzare in quarant’anni. Per rimanere in tema, il 15 ottobre prossimo, il Governo annuncerà l’ammontare della EEG-Umlage per il 2013, ossia il ricarico sulla bolletta dei sussidi pagati ad eolico, solare e alle altre fonti rinnovabili. Quest’anno il ricarico si aggirerà intorno ai 5 centesimi per kilowattora. Ciò provocherà aumenti medi delle bollette di circa il 30% per l’anno prossimo. Una mazzata per famiglie e imprese. “Il nostro problema è e rimane la fattibilità economica, dato che le fonti rinnovabili devono essere sovvenzionate”, ha ammesso solo l’altro giorno la Cancelliera tedesca nella conferenza stampa di fine estate. “Roma non è stata costruita in un giorno”, le ha fatto eco il Ministro, che ora vuole rallentare l’iter di riconversione, in modo che proceda di pari passo con la realizzazione delle infrastrutture necessarie a trasportare energia lungo l’asse nord-sud ed est-ovest del Paese. La Deutsche Energie-Agentur (Dena) calcola che siano quasi quattromila i chilometri di “autostrade energetiche” da costruire. In particolare, si parla di rallentare la costruzione dei circa venti grandi parchi eolici nel Mar Baltico e nel Mare del Nord, viste anche le difficoltà tecniche collegate alla realizzazione dei progetti. Ai primi di novembre la Cancelliera ne discuterà in un vertice con i governatori dei Länder. Sul lato del fotovoltaico, che contribuisce a poco più del 3% della produzione di energia tedesca, gli incentivi stanno progressivamente scomparendo e, data la forte concorrenza cinese, è in corso la prima ristrutturazione del settore, con fusioni e fallimenti a catena.

Mentre l’opposizione rosso-verde strepita, denunciando il tentativo del governo di sabotare l’Energiewende, dai centri di ricerca economica del paese arriva l’invito a non trascurare quello che per i prossimi trent’anni sarà comunque lo zoccolo duro che permetterà probabilmente alle industrie tedesche di rimanere competitive sui mercati: il gas e il carbone. Secondo l’Institut der deutschen Wirtschaft di Colonia, la sicurezza energetica del paese sarà a rischio, se anche per gas e carbone non verranno realizzati impianti di nuova generazione. Sul tavolo delle trattative sono fermi progetti per diciassette centrali a carbone, ventinove a gas e dieci rigassificatori. In una lettera indirizzata ai primi di gennaio alla Cancelliera, al Ministro dell’Economia e al Ministro dell’Ambiente, diversi ricercatori del campo energetico hanno invece lanciato l’allarme sul freno alla riconversione. La mancanza di direttive chiare in merito ai prossimi passi rischia di far fallire il piano, spiegano. Anziché aprire cantieri per nuovi impianti, bisognerebbe – concludono i ricercatori - comprimere il fabbisogno energetico con nuovi piani volti a garantire maggiore efficienza energetica ed eliminare tasse o sussidi aventi effetti disastrosi sull’ambiente.

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