mercoledì 29 febbraio 2012

BANCA POPOLARE DI VICENZA: LUCI ED OMBRE SULLA GESTIONE - Ma una delle poche che pare non abbia chiuso i cordoni della borsa del credito!

TRATTO DA UN ARTICOLO DI ANTONIO VANUZZO.

Le ambizioni di Zonin, che viene da una famiglia legata «da sette generazioni alla viticoltura e alle tradizioni del territorio», come si legge sul sito dei Cavalieri del lavoro italiani, sono cosa nota. Lo dimostra, proprio in questi giorni, l’inaugurazione di una filiale della banca al 35° piano del Fuller Building, imponente grattacielo in stile art decò costruito nel 1929 (fin troppo facile il commento dei maligni) sulla centralissima Madison Avenue. Obiettivo: aiutare, in collaborazione con JP Morgan – il colosso americano distribuirà i suoi prodotti e servizi – le imprese italiane a svilupparsi sul mercato statunitense. D’altronde, Zonin conosce molto bene gli Usa, avendo un’azienda di produzione e una di distribuzione e due ristoranti, tra cui Gustavo, aperto un anno fa, curiosamente proprio in Madison Avenue.
Se New York è una scommessa, sull’altra sponda dell’Atlantico si è palesata più di qualche crepa nella sbandierata solidità dell’istituto con sede a Palazzo Thiene, capolavoro restaurato da Palladio nel ’500 e protetto dall’Unesco. La semestrale 2011, ultimo bilancio disponibile, si è chiusa con utile netto a 60,2 milioni di euro (96 milioni di euro nel 2010), avviamento stabile a 945 milioni di euro, raccolta di 46 miliardi (43,7 nel 2010), margine d’intermediazione pari a 464,7 milioni (929,4 milioni nel 2010) e attivi a quota 38,4 miliardi (35,5 miliardi nel 2010).
All’aumentare degli impieghi – 29,4 miliardi rispetto ai 28,3 del 2010 – sono cresciuti anche i crediti dubbi (sofferenze, incagli, crediti ristrutturati, esposizioni scadute): da 1,9 miliardi di fine 2010 a 2,1 miliardi al 30 giugno scorso (+10,9%). Guardando al lordo le cifre salgono rispettivamente a 2,5 miliardi nel 2010 e a 2,8 nel primo semestre 2011, con un’incidenza, in quest’ultimo caso, del 9,5% sul totale, e superano di 1,2 volte il patrimonio di base Tier 1, pari a 2,2 miliardi di euro. La percentuale di copertura è piuttosto bassa, seppure in miglioramento rispetto al 31 dicembre 2010: dal 23,7 al 24,2 per cento, anche se sale al 51% per le sofferenze.
Traducendo: la Popolare di Vicenza non ha chiuso il rubinetto del credito, assumendosi però rischi crescenti: rispetto al 2010, nel primo semestre 2011 gli impieghi sono aumentati del 4%, ma i crediti dubbi dell’11 per cento; nello stesso lasso di tempo Intesa Sanpaolo ha ridotto gli impieghi (-1,91%), mentre i crediti dubbi sono saliti del 3 per cento. Anche altri istituti, come il Credito Valtellinese o la Popolare di Sondrio seguono lo stesso schema, ma il tasso di copertura del Creval, per fare un confronto, risulta del 60,5 per cento, circa il triplo della popolare veneta.
Il vero metro per capire quanto voglia volare in alto la banca berica è il valore dei suoi titoli. Non essendo quotata, non sono negoziabili sui mercati regolamentati, ma come ha riportato quest’estate l’agenzia Radiocor, nella lettera inviata ai soci in occasione della semestrale, la valorizzazione che il management ha assegnato alla banca è di 4,8 miliardi di euro, mentre il valore per azione è di 62,5 euro. Tanto per dare un’idea, il Monte dei Paschi capitalizza 4 miliardi, Mediobanca 4,2, e nessuno, almeno sul Ftse Mib – il principale listino italiano – ha titoli che valgono così tanto. «Trent’anni fa, nel 1980, un’azione valeva 6,7 euro. Oggi vale 62,5 euro, ossia 10 volte di più. Le nostre azioni hanno avuto un rendimento annuo dell’8,7%», aveva commentato trionfalmente Zonin nel corso dell’assemblea per l’approvazione del bilancio 2010. Dei 62,5 euro 3,75 euro sono nominali, mentre i rimanenti 58,75 rappresentano il sovrapprezzo, pari – al 30 giugno 2011 – a 2,4 miliardi di euro su un patrimonio netto di 3,3. Zonin, per ora, non ha intenzione di quotare la Popolare di Vicenza: così da stabilire il prezzo lontano dal mare aperto del mercato.

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